Intervista sul secolo
Andrea Mancini, Direttore Sportivo della Samp, ha parlato della situazione dei Blucerchiati in una lunga intervista rilasciata ai taccuini dell’edizione odierna de Il Secolo XIX: “Dobbiamo tutti meritarci la Samp, a partire da me. Sono d’accordo con Foti quando dice che per ora del club ci sono solo tifosi e maglia. Se le cose andranno male, sarò io il primo ad andar via.”
Direttore, è il momento più difficile nella storia della Samp. Come lo vive lei che questo club ce l’ha nel Dna?
“Male. Ed essendo nato qui sento responsabilità maggiore. Ma dobbiamo guardarci allo specchio e farci un esame di coscienza, perché se siamo arrivati a questo le colpe sono di tutti. Dal primo all’ultimo, dobbiamo dare di più”.
Anche se l’ambiente di lavoro si è complicato.
“Non è facile. Ti svegli, vieni al campo e tutti i giorni trovi forze dell’ordine. Ma la colpa è nostra. Se i tifosi contestano hanno ragione, non cerchiamo alibi, se vogliamo far tornare l’ambiente sereno non dipende da nessun altro”.
Per farlo vi siete affidati a un nuovo staff.
“Angelo Gregucci rispetto agli altri ha conosciuto il Doria in modo diverso, perché non ci ha giocato. Ma ha sempre vissuto in uno staff in cui la Samp si respirava: papà, Lombardo, Vialli, Salsano, Battara, Platt. Su Lillo Foti: in estate una chiacchierata c’è stata perché ha capacità importanti, è giovane. Era papabile, conosceva Invernizzi, è stato qui con Giampaolo. Quindi averci già parlato ha accelerato il processo”.
Staff integrato da Lombardo.
“Volevamo mettere dentro subito pure Attilio. Per dinamiche interne ci abbiamo messo di più. Ha un contratto lungo perché crediamo che a prescindere da ciò che succederà a un club serve un personaggio così, anche per i ragazzi che arrivano. Ciò non vuol dire ci sia meno riguardo verso gli altri. Ci tengo a sottolinearlo, ho totale fiducia in uno staff di livello internazionale. Mi auguro si possa costruire con loro un progetto a lungo termine”.
E il preparatore Ferrini.
“Mi spiace per Bertelli, l’ho voluto io al mio ritorno. Per questioni personali non se l’è sentita di continuare, ho provato a parlarci ma è giusto rispettarne le scelte. Franco ha esperienza, è un valore aggiunto. Ha appena iniziato, ma siamo sicuri che potrà dare un apporto”.
La rosa è corta.
“Il target è arrivare a Samp-Reggiana, 27 dicembre, nel miglior modo. Per gennaio siamo pronti. Vorremmo arrivare alla gara con l’Avellino (10 gennaio, ndr) e aver fatto quasi tutto. Abbiamo già individuato obiettivi, ruoli, giocatori, ne parlo tutti i giorni con lo staff. Che serva una punta è il segreto di Pulcinella. Sarà difficile. Dovremo esser bravi a scegliere, se un calciatore non gioca va verificato fisicamente. Poi da sopra devono darci il benestare, ma avremo budget. Chiaro che, se entra qualcosa, qualcos’altro dovrà uscire per la lista. Ne stiamo parlando col mister e con Jesper. Abbiamo idee, ma vediamo se ci saranno richieste”.
Pedrola? “Non è facile dopo così tanti infortuni. Però è determinato a risolvere i problemi. Ci parlo tutti i giorni e lui lavora per tornare ai livelli di quando lo presi dal Barcellona. È un patrimonio, stiamo facendo di tutto per metterlo nelle condizioni di rendere. Sembra stia meglio ogni giorno, speriamo che i guai siano alle spalle”.
Poi c’è Pafundi. Ha parlato con suo padre, che lo scoprì in Nazionale, prima di ingaggiarlo?
“Sì, era d’accordo. Ma, in realtà, l’ho visto prima io di lui. Mesi prima che lo convocasse io lo avevo visto in Primavera 2 con l’Udinese, me lo ricordo perché conservo i messaggi che mi scambiai con Lele Adani. Ha un talento fuori dal comune. Gli ho sempre detto che se non arriva a livelli alti sarà colpa sua. Ma ha avuto un impatto mediatico troppo grande da così giovane. E l’ha pagato. Qui si è messo a disposizione, ci può dare una grossa mano. Mi ha fatto bella impressione anche a livello umano, non lo conoscevo. Speriamo di recuperarlo per la Juve Stabia”.
Continua a tenere banco fra i tifosi il rapporto fra lei e Fredberg. Ci aiuta a far chiarezza?
Io sono il ds, lui il Ceo. Ruoli diversi. In Italia io ho conoscenza maggiore, come normale che sia, e lui ne ha in Nord Europa. Per cui vado da lui, gli faccio vedere un giocatore e poi arriviamo a una decisione. Stessa cosa lui, c’è comunicazione continua e se si hanno idee diverse si trova un punto d’incontro”.
Tornerete ad affidarvi anche a degli scout?
“Jesper ha chiesto a me di trovarne un paio che ci possano dare una mano. Ci stiamo lavorando. Poi a me piace vedere il giocatore, mi deve lasciare qualcosa. Quindi anche dopo le relazioni di uno scout, prima di decidere l’ultimo a vederlo sarò io. Stessa cosa se un giocatore viene fuori dalla scrematura dell’algoritmo. Ma mi rendo conto che i tempi cambiano e in tutto il mondo ormai il lavoro si fa anche con database e IA”.
Per il presidente dell’Entella Gozzi il calcio nostrano ha numeri «spaventosi». Lei, figura operativa e giovane, che idee ha per provare a risollevare il sistema? «Non raggiungiamo una fase eliminatoria di un Mondiale dal 2006: un problema c’è, altrimenti ci prendiamo in giro. Però non può essere una persona a cambiare. A 22 anni consideriamo un giocatore giovane, all’estero magari ha 150 presenze. Ho avuto la fortuna di lavorare a Barcellona, un po’ di pressione lì c’è, eppure fanno giocare ragazzi a 17 anni. Perché non può farlo una squadra media qui? O si cambia tutti insieme o si peggiorerà. Ma i vertici del calcio italiano, come noi alla Samp, devono farsi un esame di coscienza”.
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sergentpepper ·