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Loro ci odiano perchè...


labbrodinovisad
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(Vecchio post di Rantegusu - a proposito: lo sa che abbiamo riaperto?- che è buona cosa riproporre)

 

Loro ci odiano perchè...................................................................................
Non ci hanno mai perdonato d'essere nati, di essere sopravvissuti e di averli sopravanzati.
Soffrono della cosidetta sindrome di Caino, quella dei primogeniti invisi tanto a Dio come a  loro stessi.
Non ci hanno mai perdonato di essere inscindibilmente legati al tempo nuovo, quello della ricostruzione del Paese, del cambiamento, del mutamento sociale e antropologico delle città del Nord Italia a seguito  dell'industrializzazione e dell'immigrazione.
Non ci hanno mai perdonato d'essere comparsi insieme alla rinascita della libertà e dell'alternativa, quella che faceva dire allo scrittore Vittorio G. Rossi che dopo un ventennio nel quale, in ogni giorno della settimana, non vi era mai stata la possibilità della scelta, poiché uno solo era il Partito  dell'adunata del sabato pomeriggio, una la Chiesa per la domenica mattina, una la squadra da seguire il pomeriggio della domenica,  la Sampdoria a Genova aveva costituito una delle prime possibilità di scegliere, finalmente, qualcosa di diverso.
Non ci hanno mai perdonato di essere colorati, in una città grigia, splendidamente grigia nei suoi tetti di ardesia, cupamente grigia nella vecchiaia dei suoi abitanti e nelle sue capacità di impresa.
Non ci hanno mai perdonato di essere legati al nuovo, quello contro cui la classe dirigente cittadina, arroccata nei suoi privilegi dinastico-familiari, ha disperatamente lottato in ogni campo.
Non ci hanno mai perdonato d'aver attratto molti  “nuovi genovesi”, trasformandosi in razzisti opportunisti, dal momento che per loro un “foresto” bicolore è un po' meno “foresto”.
Non ci hanno mai perdonato di essere intrinsecamente genovesi in quanto dotati nel nostro DNA di un carattere specifico appartenuto alla nostra comunità nei secoli d'oro: la capacità di accogliere ed integrare gli apporti culturali di tutti i popoli con i quali veniva a contatto, dal Maghreb alle Fiandre, per poi rielaborare questi contributi in modo unico ed originale.
Non ci hanno mai perdonato d'aver rappresentato Genova nella massima serie calcistica per lunghi anni in splendida solitudine.
Non ci hanno mai perdonato di essere cresciuti di numero variando sensibilmente i rapporti iniziali di forze tra le tifoserie, di aver contraddetto la loro speranza e cioè che non fossimo altro che un fenomeno estemporaneo, come un fiore in un bicchiere,   ma o fiore in to gotto  miracolosamente non è appassito, ha messo radici, e poi foglie e poi fiori ancora.
Non ci hanno mai perdonato di essere diventati adulti perchè costretti a misurarci a lungo con la dura realtà, mentre loro, blanditi come piccoli lords dai servitori, hanno continuato a vivere un'eterna infanzia fatta di pensiero onnipotente, quello che fa credere al bambino che tutto il mondo ruoti intorno a lui e che una cosa possa essere vera o reale soltanto perchè lui la pensa.
Non ci hanno mai perdonato d'aver vinto senza bisogno del loro aiuto, dell'aiuto dei loro politici e dei loro giornalisti, a dispetto delle loro cattiverie.
Non ci hanno mai perdonato il fiorire delle maglie blucerchiate sui campetti di periferia. Là dove crescono ragazzi che da grandi, per lo più, non andranno ad occupare uffici e studi professionali paterni, odorosi di cuoio e legno incerato, né avranno agio di colazioni o aperitivi nei localini giusti della city, ma forse conosceranno meglio gli orari dei treni dei pendolari, quando non dovranno lasciare Genova per potersi affermare o, semplicemente, per trovare un'occupazione. Non ce l'hanno mai perdonato, né ce lo perdoneranno mai perchè questo contraddice la loro affermazione, chiave di volta del loro credo, d'essere la squadra del popolo.
Non ci hanno mai perdonato PAOLO MANTOVANI , al quale, nel tempo in cui era un giovane broker  romano dall'eleganza inappuntabile, venne consigliato di cambiare l'intero set di cravatte  perchè troppo chiassose per il sobrio mondo d'affari genovese e che la sera dello scudetto, molti anni dopo, si presentò in televisione  con un paio di squillanti pantaloni rossi che mi piace pensare siano stati indossati come estrema ed ulteriore rivincita. Né, soprattutto, hanno mai perdonato PAOLO per averci scelto......
Non ci hanno mai perdonato di aver avuto storicamente fra i nostri dirigenti sportivi ed amministrativi personaggi sobri e compassati mentre fra i loro sono prevalsi gli istrionici e i rumorosi, al punto da far sorgere la domanda : Ma allora, chi sono i “genovesi”, chi i “cacirri”?
Non ci hanno mai perdonato di aver occupato spazi che ritenevano essere tradizionalmente loro, anche se da loro abbandonati, quali, l'interesse per l'educazione sportiva delle giovanissime generazioni, per il centro storico, cuore antico della città, nel quale per alcuni anni, addirittura, venne stabilita la nostra sede, e infine per il mondo anglosassone, quando portammo a Genova, noi e non loro, dopo decenni, calciatori britannici, proprio come quelli che li avevano fondati.
Non ci hanno mai perdonato il fatto che la parte più calda e fedele della nostra tifoseria (gli Ultras insomma) sia cresciuta senza l'adulazione dei gazzettieri (ma con il rispetto degli avversari, basta cercare e léggere) e quindi sia abituata a coltivare il dubbio e l'insoddisfazione creativa intorno al proprio operato, condizione che aiuta ad essere migliori.
Non ci hanno mai perdonato il fatto di NON avere tra noi alcuni vecchi malvissuti, seminatori d'odio, capaci di proferire con leggerezza parole che in altre situazioni o contesti sarebbero costate condanne penali.
Non ci hanno mai perdonato il fatto di NON considerare fra le nostre vittorie anche le loro sconfitte.
Insomma, non ci hanno mai perdonato di NON essere come loro o come essi vorrebbero che noi fossimo. E come anime dannate nello Stige dantesco (una specie di Bisagno in piena), più volte, sfruttando la vicinanza, hanno tentato di trarci nell'acqua limacciosa nella quale sono drammaticamente immersi.
E infine non ci hanno mai perdonato d'avere ( la loro è così banale) la maglia più bella, unica e inconfondibile del mondo, una maglia che è poco meno che un arcobaleno che crea un legame emotivo sia con chi associa a quei colori memorie familiari e transgenerazionali, sia con chi l'ha scelta per profondo e personale trasporto come quando ci si innamora. Ma ogni punto di partenza ha pari dignità perchè la Sampdoria non è (solo) la rappresentante calcistica di una città, ma (soprattutto) una sorta di luogo dell'anima nel quale possono stare, con identici doveri e diritti, tutti quelli che lo vogliono

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Sul pc ho ritrovato questo scritto (non so di chi) che mi era piaciuto e avevo conservato.

Penso sia cosa buona e giusta ri-elargirlo al forum "nuovo".

 

Differenze

Se fai uno striscione contro una psico-velina sei un gran maleducato, ma se lo avessero fatto loro sarebbe stata sana goliardia.

Se Campodonico richiama ai lager è goliardia, e se non lo capisci ti becchi anche una denuncia per diffamazione.

Se Beppe Iachini dice per strada "merde" allora informiamo la Lega Calcio.

Se vai a Pegli a dare due schiaffi a chi non si impegna sei giustificato in nome dell'amore e della disperazione.

Se invece alzi la voce a Bogliasco sei un teppista.

Se ti accoltellano un amico, il milanista è un infame.

Se accoltelli un ragazzo che sta festeggiando la promozione della sua squadra allora sei solo uno che "non ci ha più visto".

Se organizzi una mega festa all'ultima giornata di campionato per festeggiare la retrocessione della Sampdoria e poi imbratti con lo spray il centro di Genova con scritte in ogni dove, non sei un represso, sei solo un tifoso che gioisce e ti guadagni pagine di reportage sul Secolo.

Se sei Sampdoriano e vai in serie A e imbratti i muri, come ti permetti ? sei un vandalo che non ama la città.

Se la tua squadra retrocede in serie C e tiri i seggiolini dei distinti in campo, stai tranquillo... se vieni colpito non ti succede niente.

Se tiri 1 (uno) rubinetto in campo... ne parliamo ancora oggi.

Se il tuo presidente compra una partita di calcio, e c'è il movente, la valigetta e le intercettazioni, questo si chiama complotto.

Se Flachi scommette, la responsabilità è della Sampdoria e dev'essere retrocessa.

Se vai in serie C e devasti il centro di Genova... cosa vuoi che sia...

Se scrivi una delle pagine più deprimenti del calcio facendo sfilare le maglie ai giocatori, bisogna analizzare le cause e comunque questi ragazzi erano mossi dalla passione e dall'amore.

Se volano due schiaffi in Via del Piano tra Sampdoriani ne parliamo una settimana.

Se nel loro club si sparano, già dal martedi il Secolo non ne parla più.

Se il tuo Presidente è romano e parla romanesco, tu sei la terza squadra di Roma.

Se il tuo presidente è di Avellino e dice "Cenoa" e "Schussate" tu sei l'unica squadra di Genova.

Se il sindaco di Genova sposta un derby per fare un piacere a Scoglio è solo un fatto curioso, non è uno scandalo.

Se regolarmente non paghi l'affitto dello stadio non importa, perchè lo stadio Comunale (di tutti i cittadini) è solo tuo.

Se hai vinto quattro scudetti giocando una partita sola.. li chiami scudetti.

Se ho vinto quattro Coppe Italia giocando dieci partite... la Coppa Italia non conta un cazzo.

Se sei fondato da Charles De Grave Sells, S.Green, G.Blake, W.Riley, D.G.Fawcus, Sandys, E.De Thierry, Jonathan Summerhill Senior e Junior, Charles Alfred Payton, mi dici che sei genovese.

Se i miei padri erano Sanguineti, Rissotto e Parodi, il foresto sono io.

Tu sei inglese e quando parli inglese viene la diarrea dal ridere.

Tu sei genovese e quando scrivi in genovese la diarrea continua.

BEN ARRIVE'

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6 minuti fa, orso dice:

Sul pc ho ritrovato questo scritto (non so di chi) che mi era piaciuto e avevo conservato.

Penso sia cosa buona e giusta ri-elargirlo al forum "nuovo".

 

Differenze

Se fai uno striscione contro una psico-velina sei un gran maleducato, ma se lo avessero fatto loro sarebbe stata sana goliardia.

Se Campodonico richiama ai lager è goliardia, e se non lo capisci ti becchi anche una denuncia per diffamazione.

Se Beppe Iachini dice per strada "merde" allora informiamo la Lega Calcio.

Se vai a Pegli a dare due schiaffi a chi non si impegna sei giustificato in nome dell'amore e della disperazione.

Se invece alzi la voce a Bogliasco sei un teppista.

Se ti accoltellano un amico, il milanista è un infame.

Se accoltelli un ragazzo che sta festeggiando la promozione della sua squadra allora sei solo uno che "non ci ha più visto".

Se organizzi una mega festa all'ultima giornata di campionato per festeggiare la retrocessione della Sampdoria e poi imbratti con lo spray il centro di Genova con scritte in ogni dove, non sei un represso, sei solo un tifoso che gioisce e ti guadagni pagine di reportage sul Secolo.

Se sei Sampdoriano e vai in serie A e imbratti i muri, come ti permetti ? sei un vandalo che non ama la città.

Se la tua squadra retrocede in serie C e tiri i seggiolini dei distinti in campo, stai tranquillo... se vieni colpito non ti succede niente.

Se tiri 1 (uno) rubinetto in campo... ne parliamo ancora oggi.

Se il tuo presidente compra una partita di calcio, e c'è il movente, la valigetta e le intercettazioni, questo si chiama complotto.

Se Flachi scommette, la responsabilità è della Sampdoria e dev'essere retrocessa.

Se vai in serie C e devasti il centro di Genova... cosa vuoi che sia...

Se scrivi una delle pagine più deprimenti del calcio facendo sfilare le maglie ai giocatori, bisogna analizzare le cause e comunque questi ragazzi erano mossi dalla passione e dall'amore.

Se volano due schiaffi in Via del Piano tra Sampdoriani ne parliamo una settimana.

Se nel loro club si sparano, già dal martedi il Secolo non ne parla più.

Se il tuo Presidente è romano e parla romanesco, tu sei la terza squadra di Roma.

Se il tuo presidente è di Avellino e dice "Cenoa" e "Schussate" tu sei l'unica squadra di Genova.

Se il sindaco di Genova sposta un derby per fare un piacere a Scoglio è solo un fatto curioso, non è uno scandalo.

Se regolarmente non paghi l'affitto dello stadio non importa, perchè lo stadio Comunale (di tutti i cittadini) è solo tuo.

Se hai vinto quattro scudetti giocando una partita sola.. li chiami scudetti.

Se ho vinto quattro Coppe Italia giocando dieci partite... la Coppa Italia non conta un cazzo.

Se sei fondato da Charles De Grave Sells, S.Green, G.Blake, W.Riley, D.G.Fawcus, Sandys, E.De Thierry, Jonathan Summerhill Senior e Junior, Charles Alfred Payton, mi dici che sei genovese.

Se i miei padri erano Sanguineti, Rissotto e Parodi, il foresto sono io.

Tu sei inglese e quando parli inglese viene la diarrea dal ridere.

Tu sei genovese e quando scrivi in genovese la diarrea continua.

BEN ARRIVE'

Belin ma che bella, e la coincidenza che sia saltata fuori adesso, me piaxe ou belin s'a me piaaxeeee

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5 hours ago, labbrodinovisad said:

(Vecchio post di Rantegusu - a proposito: lo sa che abbiamo riaperto?- che è buona cosa riproporre)

 

Loro ci odiano perchè...................................................................................
Non ci hanno mai perdonato d'essere nati, di essere sopravvissuti e di averli sopravanzati.
Soffrono della cosidetta sindrome di Caino, quella dei primogeniti invisi tanto a Dio come a  loro stessi.
Non ci hanno mai perdonato di essere inscindibilmente legati al tempo nuovo, quello della ricostruzione del Paese, del cambiamento, del mutamento sociale e antropologico delle città del Nord Italia a seguito  dell'industrializzazione e dell'immigrazione.
Non ci hanno mai perdonato d'essere comparsi insieme alla rinascita della libertà e dell'alternativa, quella che faceva dire allo scrittore Vittorio G. Rossi che dopo un ventennio nel quale, in ogni giorno della settimana, non vi era mai stata la possibilità della scelta, poiché uno solo era il Partito  dell'adunata del sabato pomeriggio, una la Chiesa per la domenica mattina, una la squadra da seguire il pomeriggio della domenica,  la Sampdoria a Genova aveva costituito una delle prime possibilità di scegliere, finalmente, qualcosa di diverso.
Non ci hanno mai perdonato di essere colorati, in una città grigia, splendidamente grigia nei suoi tetti di ardesia, cupamente grigia nella vecchiaia dei suoi abitanti e nelle sue capacità di impresa.
Non ci hanno mai perdonato di essere legati al nuovo, quello contro cui la classe dirigente cittadina, arroccata nei suoi privilegi dinastico-familiari, ha disperatamente lottato in ogni campo.
Non ci hanno mai perdonato d'aver attratto molti  “nuovi genovesi”, trasformandosi in razzisti opportunisti, dal momento che per loro un “foresto” bicolore è un po' meno “foresto”.
Non ci hanno mai perdonato di essere intrinsecamente genovesi in quanto dotati nel nostro DNA di un carattere specifico appartenuto alla nostra comunità nei secoli d'oro: la capacità di accogliere ed integrare gli apporti culturali di tutti i popoli con i quali veniva a contatto, dal Maghreb alle Fiandre, per poi rielaborare questi contributi in modo unico ed originale.
Non ci hanno mai perdonato d'aver rappresentato Genova nella massima serie calcistica per lunghi anni in splendida solitudine.
Non ci hanno mai perdonato di essere cresciuti di numero variando sensibilmente i rapporti iniziali di forze tra le tifoserie, di aver contraddetto la loro speranza e cioè che non fossimo altro che un fenomeno estemporaneo, come un fiore in un bicchiere,   ma o fiore in to gotto  miracolosamente non è appassito, ha messo radici, e poi foglie e poi fiori ancora.
Non ci hanno mai perdonato di essere diventati adulti perchè costretti a misurarci a lungo con la dura realtà, mentre loro, blanditi come piccoli lords dai servitori, hanno continuato a vivere un'eterna infanzia fatta di pensiero onnipotente, quello che fa credere al bambino che tutto il mondo ruoti intorno a lui e che una cosa possa essere vera o reale soltanto perchè lui la pensa.
Non ci hanno mai perdonato d'aver vinto senza bisogno del loro aiuto, dell'aiuto dei loro politici e dei loro giornalisti, a dispetto delle loro cattiverie.
Non ci hanno mai perdonato il fiorire delle maglie blucerchiate sui campetti di periferia. Là dove crescono ragazzi che da grandi, per lo più, non andranno ad occupare uffici e studi professionali paterni, odorosi di cuoio e legno incerato, né avranno agio di colazioni o aperitivi nei localini giusti della city, ma forse conosceranno meglio gli orari dei treni dei pendolari, quando non dovranno lasciare Genova per potersi affermare o, semplicemente, per trovare un'occupazione. Non ce l'hanno mai perdonato, né ce lo perdoneranno mai perchè questo contraddice la loro affermazione, chiave di volta del loro credo, d'essere la squadra del popolo.
Non ci hanno mai perdonato PAOLO MANTOVANI , al quale, nel tempo in cui era un giovane broker  romano dall'eleganza inappuntabile, venne consigliato di cambiare l'intero set di cravatte  perchè troppo chiassose per il sobrio mondo d'affari genovese e che la sera dello scudetto, molti anni dopo, si presentò in televisione  con un paio di squillanti pantaloni rossi che mi piace pensare siano stati indossati come estrema ed ulteriore rivincita. Né, soprattutto, hanno mai perdonato PAOLO per averci scelto......
Non ci hanno mai perdonato di aver avuto storicamente fra i nostri dirigenti sportivi ed amministrativi personaggi sobri e compassati mentre fra i loro sono prevalsi gli istrionici e i rumorosi, al punto da far sorgere la domanda : Ma allora, chi sono i “genovesi”, chi i “cacirri”?
Non ci hanno mai perdonato di aver occupato spazi che ritenevano essere tradizionalmente loro, anche se da loro abbandonati, quali, l'interesse per l'educazione sportiva delle giovanissime generazioni, per il centro storico, cuore antico della città, nel quale per alcuni anni, addirittura, venne stabilita la nostra sede, e infine per il mondo anglosassone, quando portammo a Genova, noi e non loro, dopo decenni, calciatori britannici, proprio come quelli che li avevano fondati.
Non ci hanno mai perdonato il fatto che la parte più calda e fedele della nostra tifoseria (gli Ultras insomma) sia cresciuta senza l'adulazione dei gazzettieri (ma con il rispetto degli avversari, basta cercare e léggere) e quindi sia abituata a coltivare il dubbio e l'insoddisfazione creativa intorno al proprio operato, condizione che aiuta ad essere migliori.
Non ci hanno mai perdonato il fatto di NON avere tra noi alcuni vecchi malvissuti, seminatori d'odio, capaci di proferire con leggerezza parole che in altre situazioni o contesti sarebbero costate condanne penali.
Non ci hanno mai perdonato il fatto di NON considerare fra le nostre vittorie anche le loro sconfitte.
Insomma, non ci hanno mai perdonato di NON essere come loro o come essi vorrebbero che noi fossimo. E come anime dannate nello Stige dantesco (una specie di Bisagno in piena), più volte, sfruttando la vicinanza, hanno tentato di trarci nell'acqua limacciosa nella quale sono drammaticamente immersi.
E infine non ci hanno mai perdonato d'avere ( la loro è così banale) la maglia più bella, unica e inconfondibile del mondo, una maglia che è poco meno che un arcobaleno che crea un legame emotivo sia con chi associa a quei colori memorie familiari e transgenerazionali, sia con chi l'ha scelta per profondo e personale trasporto come quando ci si innamora. Ma ogni punto di partenza ha pari dignità perchè la Sampdoria non è (solo) la rappresentante calcistica di una città, ma (soprattutto) una sorta di luogo dell'anima nel quale possono stare, con identici doveri e diritti, tutti quelli che lo vogliono

questo è uno splendido trattato di sociologia

roba da Nobel

dovrebbe essere inciso sul marmo e imbullonato alla base della lanterna

 

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Vediamo il lato positivo

dover recuperare il passato, è un'opera che, specie per chi ha la mia età, somiglia alla sistemazione di un solaio o di una cantina dove da tempo non si riordina

permette di ritrovare tante cose dimenticate o non notate (come, lo ammetto, questa), rivivere qualche momento importante, magari fare una lacrima, e mettere da parte (o buttare via) quello che a distanza di tempo ci appare in tutta la sua trascurabilità

in una parola si consolida e si riafferma, ancora una volta, la propria identità

di persone, e, con le dovute proporzioni, di Sampdoriani...

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(sempre Rantegusu)

 

Lèmuri sono. Tristi come i loro antenati ritratti da Van Dyck, ma senza più coraggio per navigare su mari sconosciuti, né palanche per foraggiare i potenti della terra.
L'antica Repubblica di Genova  cadde per mano di Napoleone come un pupazzo di pezza. Repubblica che alla fine della sua epopea racimolava a malapena un migliaio di soldati, disposti lungo i confini o sparsi fra torri e fortilizi fatiscenti.
Ci si è nutriti di retorica della storia, fedeli al motto “U me n'à daete, ma ghe n'ò dite” enfatizzando le vittorie, minimizzando le sconfitte:  il “Mi chi” del doge Lercari al Re Sole, ma in città da secoli non vi sono state più energie per produrre qualcosa di nuovo. Meschinità e violenze nei confronti di un grande territorio come la Corsica. Impotenza di fronte all'espansionismo ottomano verso le colonie levantine. Lotte intestine tra famiglie affinché nessuna potesse prevalere. Paura, attendismo e sgambetti a chi provava a combinare qualcosa di nuovo. (Questo ci ricorda qualcosa che ci riguarda?).
Ma guai a chi metteva in dubbio il buon diritto di Genova ad esser fra le grandi. Noi siamo quelli della Meloria, della guerra di Chioggia e di Colombo e de 'n belin ch'u te neghe, così  a poco a poco  la “superbia” genovese, senza coraggio e forza, si è trasformata in “presumin” e il blu di Genova ed il porpora dei velluti è stato coperto da tonnellate di polvere.
Noi sampdoriani, gente ( apparentemente) senza storia, in fondo, siamo diversi, siamo fatti di tanti colori, frutto della fusione di molteplici squadre, tifoseria-armatabrancaleone di “etnie” differenti e come tutti i figli illegittimi  più robusti, più fertili e creativi dei pallidi ed emofilici eredi al trono.
In campo sportivo, nel dopoguerra, se non ci fossimo stati noi “bastardi” a rappresentare la città in massima serie, a Genova non sarebbe restato che vivere di pallanuoto o di bocce come Cortina d'Ampezzo di hockey sul ghiaccio.
Non ce l'hanno mai riconosciuto le voci ufficiali della città? E chissenefrega. Ci rendiamo conto che sono “voci” che non riescono a superare l'Appennino? I “nostri” politici contano come il due di briscola a livello nazionale e non ci dovrebbe stupire questo, giacché sono anche stati capaci di storpiare l' “I have a dream” di M.L.King in un osceno sogno di sampdoriani deportati alla discarica. E i “nostri” giornalisti forse se li fila qualcuno? Forse che loro stessi non sanno che hanno cominciato a comparire sui giornali e sulle tv italiane commentando le imprese della Sampdoria? Come certi vicini impotenti ed invidiosi, hanno vigliaccheria sufficiente per rigarti di notte la macchina nuova, ma siccome anche per fare bene il “male” ci vuole intelligenza e coraggio, alla fine non riusciranno che a romperti le scatole e farti incazzare, nella speranza che tu possa colludere con certe meschinità finendo insieme a loro nella bratta.
Quando la bagascia cadrà in mare (capiterà, oh! capiterà), certo che i tiepidi e i nesci (nel senso di quelli che sanno poco o nulla) incominceranno a strillare, magari troveranno qualche pulpito dal quale predicare (mica tutti i sampdoriani sono perfetti).  Ma le bagasce si tirano anche a riva e si asciugano. E visto che un certo PAOLO ci ha insegnato ad aver speranza e voglia di futuro, passata la buriana, torneremo a calare pazientemente le nostre reti in mare aperto.  
Dal momento che a Genova senza di noi (sportivamente parlando) ci si riempirebbe la pancia solo con succose lische di branzini del secolo scorso

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(questo invece dovrebbe essere, sempre dal vecchio forum, 7MAGGIO)

 

 

premetto che non sono psicologo né psicologando. A mio giudizio pero' il tifoso bibino medio è facilmente inquadrabile: è un adulto rimasto allo stadio mentale di un neonato.

Il neonato reclama solo per sé l'amore della mamma e considera una mostruosa ingiustizia che questo amore sia condiviso da altri.
Il bibino adulto fa lo stesso. Genova è la mamma. Da qui vengono gli insulti razzisti e xenofobi verso chi contende loro l'amore esclusivo della mamma.

Il neonato non percepisce ancora gli altri come esseri autonomi, dotati di desideri e sentimenti diversi dai suoi, e reclama come un diritto l'occupazione totale del suo presunto territorio. Se la realtà non coincide totalmente con questi suoi desideri, se ne inventa una virtuale, immaginaria, perfetta.
Il bibino adulto fa lo stesso. Da qui viene l'occupazione militaresca di radio, giornali, tv; un'immagine virtuale, immaginaria di una città solo bibina, che non esiste.  E in questo spazio virtuale 20.000 spettatori diventano 40.000, 70 anni e passa di serie minori diventano una storia leggendaria, una partecipazione a una coppa europea diventa qualcosa di incredibile...

Il neonato crede di essere il solo a provare sentimenti.
Il bibino adulto fa lo stesso: da cui l'esaltazione parossistica di cose che tutti i tifosi, anche quelli del Poggibonsi, fanno normalmente; gioire per le vittorie e rammaricarsi per le sconfitte.

Il neonato attribuisce ad altri la responsabilità di tutti i suoi errori e se rimproverato piange, perché considera il rimprovero di per se stesso un'ingiustizia.
Il bibino adulto fa lo stesso: una partita comprata diventa un complotto ordito dai cattivoni che vogliono la loro distruzione. Il fatto di dover sottostare alle regole è percepito come un sopruso. Al fatto di aver violato le regole sportive si reagisce con atti vandalici diretti contro la loro stessa città.

Il neonato non percepisce ancora i limiti imposti dalla civilizzazione. Il bibino adulto, nemmeno (la rivalità sportiva diventa desiderio di deportazione dei tifosi avversari in un lager).

Unica differenza: il neonato cresce e cambia. Il bibino no.

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Il 31/10/2017 at 18:02, Gatto Silvestro dice:

Ecco perché ho detto che mi dispiaceva molto aver perso quello che c'era sul forum

Ecco perché spero che si possa recuperare ancora tante cose come quelle postate qua sopra.

 

 

GRAZIE!

Sono completamente d'accordo con te. 

A tal proporisto, inviterei chiunque avesse qualcosa di significativo (post, discussioni, commenti, ecc) che, appunto, meriterebbe di non andar perso, a postarlo nella discussione aperta da Labbro. 

 

 

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LORO CI POSSONO BACIARE IL CULO 

2 ore fa, Gianla dice:

Sono completamente d'accordo con te. 

A tal proporisto, inviterei chiunque avesse qualcosa di significativo (post, discussioni, commenti, ecc) che, appunto, meriterebbe di non andar perso, a postarlo nella discussione aperta da Labbro. 

 

BELIN MA C'HAI L'OTTIMO FRECCERO COME AVATAR ....  

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Ho imparato a leggere, spinto dalla mia mamma Doriana di Sampierdarena, compitando nomi ormai remoti della formazione della Sampdoria. Il cricket, all'epoca, non era che un'astrusa alternativa che nei primi anni '60 sparì in serie B. Me li ritrovai di fronte, allo stadio, che avevo già sedicianni.

In questa notte vittoriosa , la terza consecutiva, rileggendo i miei post, vecchi quasi di un decennio, vorrei poter dire: non si spara sulla Croce Rossa, se non sapessi che quelli son capaci di scendere dalla barella per imbracciare ancora  il kalashnikov. Bastano due vittorie di fila, un momento di difficoltà della nostra Amica di Sempre e torneranno ad invadere i media come zombies nella Notte dei morti viventi.

Meglio ribadire, come sempre, che UNA è la squadra di Genova e QUATTRO sono i suoi colori.

 

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Ciao .... secondo me loro non ci odiano e neanche ci invidiando semplicemente sono talmente bibbini da non provare  questo tipo di sentimenti ...vivono in un altra dimensione.non sanno della realtà.infatti hanno il nome inglese ,fondati da Inglesi per giocare  con delle mazze,eccc.quIndi sono genovesi e noi foresti.....

 

 

 

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46 minuti fa, Du Nemu dice:

Infatti......e anche che prima dell 'invasione" britannica  a Zena esisteva gia una squadra locala, la prima squadra di Genova...1895 con un nome italiano.. ligure....Andrea Doria

e come società sportiva mi pare che anche la Sampierdarenese fosse di qualche anno precedente

 

ps. Du Nemu, credo tu sia un nuovo iscritto... vatti a presentare in "Scusate il ritardo" :sciarpata:

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